nel 2002 veniamo incaricati dal comune di milano di sviluppare l’identità visiva per la mostra americas remixed.

ideata da roberto pinto con euridice arratia, jen budney e franklin sirmans, la mostra comprende opere di 22 giovani artisti provenienti dal nord america.

si tratta di artisti di diverse estrazioni culturali, di maggioranze e minoranze etniche e religiose, che attraverso le loro opere riflettono sulla condizione della società nordamericana, cercando di individuarne l’identità artistica e culturale. sono giovani che si interrogano sulla ridefinizione dell’io in rapporto con l’altro.

le opere selezionate dai curatori formano un ritratto articolato e complesso, emotivo e passionale, ma anche ironico, provocatorio e dissacrante.

come possiamo rappresentare questo smarrimento, questa ricerca di senso? come possiamo sintetizzare il lavoro di questi artisti diversi in un unica identità visiva? queste sono le domande che ci siamo posti, che lasciano ampio spazio alla creatività ma che ne determinano anche vincoli precisi.

decidiamo di non voler scegliere una sola opera per rappresentare l’esposizione, a discapito del lavoro degli altri artisti coinvolti.

orientiamo così la nostra ricerca verso un’elaborazione tipografica del titolo della mostra, lavorando sulla leggibilità e sulle dinamiche della percezione visiva ad esse collegate.

con lo spirito più leggero e ironico di alcune opere in mostra scegliamo come carattere principale per l’identità il pointedly mad, derivato dai tipici caratteri western disegnati e incisi nel legno a metà dell’800, che rimandano subito al nord america e alla sua storia.

rob roy kelly, american wood type 1828-1900, van nostrand reinhold company, 1969

un tema trasversale tra diversi artisti in mostra, riguarda la tendenza della cultura americana a uniformare le identità culturali dei singoli individui, incasellandole e trasformandole in stereotipi, o rendendole “illeggibili” e attenuandone le differenze.

applichiamo questa visione direttamente alle lettere del titolo, che vengono riorganizzate in ordine alfabetico, perdendo di senso e comunicando così agli occhi del lettore uno straniamento simile a quello dichiarato dagli artisti.

al carattere scelto applichiamo un estrusione tridimensionale in wireframe, che per contrasto con il suo disegno retrò lo colloca più vicino alle tematiche sperimentali dell’arte contemporanea.

come colore principale per l’identità scegliamo una tonalità del magenta in grado di trasmettere energia che abbiniamo a un argento metallizzato, creando così un impatto cromatico pop ma anche sofisticato.

il progetto è completato da una stilizzazione dalla mappa dell’nord america contrapposta a quella dei tre luoghi di milano in cui è allestita la mostra: la fabbrica del vapore, gli spazi di care of e openspace.

il cliente però rifiuta questa nostra proposta, giudicandola troppo sperimentale e ci chiede nuove soluzioni.

ritorniamo in studio e ci rimettiamo al lavoro. abbandoniamo la tipografia e proviamo a rappresentare attraverso forme e colori la ricerca di questi artisti, lavoriamo sul concetto di trasformazione e su quello di radici, ma le nuove proposte non ci sembrano abbastanza efficaci.

rivediamo quindi anche la prima ipotesi, questa volta inserendo il titolo leggibile e trovando il giusto equilibrio tra la nostra idea e le esigenze del cliente, è un compromesso che non indebolisce il progetto ma anzi lo rende meno ermetico.

ora la proposta viene approvata.

alle lettere del titolo applichiamo un estrusione opposta a quelle delle lettere poste in ordine alfabetico, per sottolineare il cambio di punto di vista, tra il prima e il dopo, tra ciò che ha senso e ciò che non lo ha più, tra chi ero e chi sono diventato.

il font disegnato e la modalità di scrittura sono stati utilizzati anche per riportare il nome di tutti gli artisti all’interno del catalogo. questo ha aumentato l’impatto del progetto, innanzitutto riaffermando il senso di quello che volevamo comunicare e rendendolo semanticamente più corretto, poi ha permesso un maggiore coordinamento tra gli elementi visivi risultando così sintatticamente più coerente.

ancora oggi guardiamo a questo progetto con estremo soddisfazione sia per l’approccio concettuale che ci ha guidato sia per le scelte estetiche decise che abbiamo realizzato.

ma anche per tutto il processo che lo ha determinato, le critiche e i suggerimenti del cliente e dei curatori hanno contributo realmente a farci realizzare un progetto migliore di quello che avevamo in mente, ci hanno insegnato a saperci rimettere in discussione per ricercare l’equilibrio tra ciò che è bello e ciò che è giusto.

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bruno munari, artista e designer, Laterza, 1971

services

editorial
environmental
event design
graphic design
type design
visual identity

 

credits

curatori
roberto pinto
euridice arratia
jen budney
franklin sirmans