potremmo raccontarvi di quella volta in cui abbiamo regalato libri bianchi a tutti oppure di quando abbiamo voluto piegare copertine come uri geller piegava cucchiaini o di quando abbiamo (ri)preso le misure di tutti i progetti fatti nei 15 anni precedenti.

potremmo farlo mentre ci beviamo un bicchiere di vino preso direttamente dall’orecchio di un g minuscola…
ma forse tutto questo ha preso un tono troppo surreale, facciamo un passo indietro.

nel 2000, dopo quattro anni dalla fondazione dello studio, abbiamo sentito la necessità di ritagliarci un ambito di sperimentazione nella nostra quotidianità professionale. abbiamo quindi creato uno spazio di ricerca in cui fare esperimenti visivi e poter imparare anche attraverso l’errore.

con il nostro lavoro ci occupiamo di comunicare messaggi e di rendere visibili concetti, ci occupiamo di leggibilità, di segni e simboli, di colori e di immagini. per metterci alla prova abbiamo deciso così di concentrarci su temi opposti: la non visibilità e l’invisibilità, l’impercettibile e l’illeggibile, l’indecifrabile e il nascosto, l’incomprensibile e il censurato. see nothing è diventato il titolo di questa nostra esplorazione.

see nothing è un’indagine su tutto quello che riguarda il ribaltamento tra figura e sfondo, la disattesa dei cliché visivi e l’utilizzo insolito dei codici socialmente condivisi, l’assurdo di confondere significato e significante.

bruno munari, design e comunicazione visiva, editori laterza, 2005

il primo media a cui decidiamo di applicare la nostra ricerca è un sito web.

si trattava di un’unica pagina con un menu interattivo posto in basso che permetteva di muoversi tra i diversi soggetti, questa fascia riproduceva la stessa interfaccia del software usato dal programmatore e aveva lo scopo di mostrare così a tutti gli utenti qualcosa che di solito non è visibile.

un dettaglio dell’interfaccia di macromedia flash

il web ci permetteva di ampliare le nostre esplorazioni visive abbinandole al suono e all’interattività, stimolando sfere sensoriali diverse e rendendo per l’utente la navigazione più coinvolgente.

i visitatori potevano divertirsi a scoprire il canto degli uccelli, oppure potevano giocare con piccole scatole in movimento o con l’effetto moiré o ancora perdersi dietro il suono di un vecchio modem tentando di vedere immagini che non si sarebbero mai caricate.

apple ibook clamshell “blueberry” – 2000

nel 2003 progettiamo see nothing volume 1 un libro completamente bianco prodotto in soli 200 esemplari.

il volume era accompagnato da un segnalibro stampato in tipografia con il nostro augurio per l’anno nuovo ed era idealmente dedicato a chi crede che l’attesa sia più emozionante dell’evento, l’immaginazione più vera della realtà e il silenzio più espressivo delle parole. ognuno era libero di immaginare un utilizzo diverso per le 64 pagine bianche di questo libro che veniva consegnato avvolto in materiali industriali (polietilene espanso e poliuretano) trattati però con la delicatezza della garza e della seta, capaci di creare un packaging insolito e prezioso.

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> guarda il progetto di see nothing volume 1

kazimir malevic, quadrato bianco su fondo bianco, 1918

negli anni successivi sviluppiamo il progetto see nothing attraverso una serie di esperimenti visivi.

ci divertiamo a mostrare ciò che di solito non si vede e a nascondere cioè che di solito deve essere estremamente visibile, ci interroghiamo attraverso sperimentazioni tipografiche sui limiti della leggibilità, ci diamo dei brief e dei vincoli molto precisi che ci obbligano a usare il pensiero laterale per produrre risultati interessanti.

nel 2006 pubblichiamo see nothing volume due, edito da aiap edizioni e distribuito dalle edizioni corraini.

stampato in 500 copie numerate il libro raccoglie le nostre sperimentazioni e i contributi di grafici, fotografi e illustratori tra cui: jorge pomareda, efrem raimondi, carlos segura, leonardo sonnoli e lo studio inglese tomato, che con le loro creazioni interpretano il lato non percepibile del linguaggio visivo.

l’apporto creativo dei singoli progetti è corredato da un’introduzione del semiologo ugo volli che colloca l’intero volume in una riflessione di ampio respiro sull’odierna società dei media.

le 96 pagine sono popolate da figure illusorie composte da macchie di rorschach trasparenti, lettere arabe nascoste in arabeschi, messaggi scritti in braille ma senza rilievo.

anche la sequenza delle pagine mostra ciò che di solito non è visibile, i lavori si susseguono infatti in base alle dimensioni in kilobyte e nell’occhiello del volume è riportata la loro somma: l’esatto peso virtuale del libro.

inoltre a ogni pagina è associata una “didascalia” scritta da alessandro petetta. raccolti in fondo al volume questi brevi testi giocano con i progetti proposti, in un continuo dialogo ironico e poetico tra testo e immagine.

per la copertina ci siamo imposti di non utilizzare immagini, testi, colori o elementi grafici. forse ispirati anche dalle forchette parlanti di munari, abbiamo cominciato a giocare con i materiali e la forma per creare qualcosa di unico. il risultato è una copertina nera, semplice, anonima, che diventa unica grazie alla sua anima in piombo con cui è possibile farle assumere forme sempre diverse.

see nothing volume due si aggiudica numerosi premi e pubblicazioni, tra cui il prestigioso the icograda excellence award alla 23esima biennale internazionale di graphic design di brno.

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> guarda il progetto di see nothing volume 2

 

bruno munari, nobilità (dalla serie forchette parlanti), danese, 1958

in occasione della presentazione di see nothing volume due realizziamo alla libreria art book – milano un’istallazione con 1000 bicchieri di acqua e vino per riprodurre il titolo del libro.

durante la serata gli ospiti intervenuti potevano brindare con noi scomponendo così la scritta che si dissolveva con il passare delle ore.

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> guarda il progetto di see nothing exhibithion

nel 2008 la nostra esplorazione del progetto see nothing è invece una riflessione legata al tempo e al suo modo di misurarlo.

365 punti (+ 1), uno per ogni giorno dell’anno e 7 punti, uno per ogni giorno della settimana, sono gli elementi essenziali che costituiscono questo oggetto in feltro pensato per sapere sempre a che punto dell’anno vi trovate. prodotto in soli 200 esemplari ogni calendario è corredato di due spilli in resina epossidica, uno diverso dall’altro come lo sono i giorni nella vita di ognuno di noi.

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> guarda il progetto di see nothing calendar

nel 2012, in occasione del quindicesimo anniversario dello studio, proviamo ad uscire dalla nostra comfort zone per interagire con lo spazio ibrido di un concept store milanese.

black box 1:5 è un’installazione di rettangoli neri, ognuno di questi è la rappresentazione in scala 1:5 della misura di uno dei nostri progetti. sono le misure reali prese andando ad aprire centinai di file dal nostro archivio: biglietti da visita, libri, siti web, affissioni. un lavoro ossessivo per la fedeltà con cui abbiamo cercato di realizzarlo. sono le nostre “scatole nere”, la nostra memoria. in quelle misure sono registrate anche le emozioni, che appartengono a ogni progetto e che non possono essere rese visibili

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> guarda il progetto di black box 1:5

è il 2014 e ci domandiamo come far evolvere il progetto attraverso le opportunità dell’interattività e della narrazione. realizziamo così see nothing volume tre un digital magazine, pubblicato sull’apple store. non sarebbe bastata una sola risposta per esplorare queste opportunità. invitiamo a partecipare un eterogeneo gruppo di esperti di comunicazione con diversi, divergenti, perfino opposti punti di vista.

il digital magazine si apre con un’introduzione di federico leoni, docente di filosofia antropologica all’università di verona.

le sperimentazioni, nelle oltre 40 pagine del magazine, sfruttano l’interattività del media per coinvolgere il più possibile il lettore.

così è possibile costruire visi mischiando pezzi di diversi disegni fatti da bambini, alla ricerca del bambino che siamo stati. per poi passare a scoprire le cartoline originali da cui sono state ritagliate una serie di immagini delle torri gemelle che mostrano uno skyline utopico. o affiancare parti di bandiere di tutta l’europa cercando di completare quella del proprio paese e cercando di scoprire se un’europa unita esista davvero. si viaggia in metropolitana direttamente da parigi a chicago, a istanbul, a londra e fino a new york, senza uscire mai in superficie.

inoltre, ruotando il dispositivo, è possibile leggere per ogni progetto un breve commento, scritto da alessandro petetta, che lo (ri)interpretava in modo ironico e poetico.

per la copertina di questa edizione digitale decidiamo di mostrare qualcosa che per sua natura sfugge sia al progettista sia all’osservatore finale, si tratta della registrazione di tutti i movimenti del mouse necessari per comporre il magazine. un’animazione mostra le linee degli spostamenti e i punti dei click che si sovrappongono fino a occupare tutto lo schermo del dispositivo.

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> guarda il progetto di see nothing volume 3

see nothing è un chiave per sperimentare linguaggi diversi da quelli che usiamo abitualmente, un punto di vista privilegiato per sguardi alternativi sul mondo della comunicazione visiva.

see nothing è una palestra in cui sfidare noi stessi, è un progetto in continuo divenire che ci obbliga ogni volta a rimetterci in gioco, ci invita a esplorare continuamente i limiti della nostra professione.

 

services

art direction
digital
editorial
environmental
identity
packaging
printed
research
type design
web design

 

credits

see nothing volume 3
Alizarina
Giacomo Bagnara
André Bergamin
Elena Bonanomi
Carnovsky
Pietro Cocco
Fatomale
Francesca Ferrari
Marco Fornasier
Vincenzo Lanziello aka Lovo
Silvio Lorusso
Niccolò Mazzoni
Francesco Meneghini + Francesco Mantovani
Marco Nicotra
Jorge Pomareda
Stefano Rovai
Alessandro Ripane
Giuliana Tammaro
Lucille Tenazas
Ania Wawrzkowicz + Linnea Apelqvist
Jasper White

see nothing volume 2
Marco Ambrosi
Bianca Baldacci
Salma Belhaffaf
Studio ‘t Brands Weer
Elio Carmi
Luisa L. Corna
Charlotte Fuillet
Martino Pannofino
Luciano Perondi
Jorge Pomareda
Efrem Raimondi
Carlos Segura
Leonardo Sonnoli
Giacomo Spazio
Tomato

nel maggio 2014 siamo stati chiamati da widiba per realizzare il restyling del marchio appena selezionato attraverso un concorso sui social. widiba, nata come progetto di banca online dal gruppo mps, avrebbe debuttato sul mercato alcuni mesi dopo.

realizziamo una nuova versione del marchio prestando particolare attenzione all’armonia delle curve e alla morbidezza del simbolo, che viene ridisegnato mantenendo un spessore d’asta uniforme.

durante i nostri primi incontri con la banca analizziamo in una prospettiva più ampia gli artefatti grafici esistenti e concordiamo sul fatto che il progetto di un nuovo carattere istituzionale possa essere di grande supporto per lo sviluppo della brand identity.

infatti riteniamo che come la voce di una persona è strettamente legata alla sua identità, allo stesso modo la tipografia può contribuire a definire l’identità di un brand.

per disegnare il font widiba troviamo ispirazione nelle geometrie di alcuni caratteri progettati da herbert bayer durante il bauhaus e nelle forme degli schermi dei diversi dispositivi con cui questa banca online avrebbe raggiunto il suo pubblico.

walter gropius, staatliches bauhaus in weimar 1919-1923, bauhaus, 1923
ellen lupton, j. abbott miller, abc’s of the bauhaus, princeton architectural press, 1991

Il dettaglio degli angoli tipici di molti monitor, con le curve esterne contrapposte agli angoli interni squadrati, è ripreso in alcune lettere del carattere.

insieme al type designer fabrizio schiavi disegniamo la prima versione del carattere widiba, una versione rounded morbida e amichevole, arricchita da alcuni piccoli dettagli in linea con il forte spirito innovativo dell’azienda.

in seguito, per rendere il sistema più flessibile, aggiungiamo alla famiglia di caratteri quattro diversi pesi del rounded, una versione condensed con tre diversi pesi d’asta e una versione serif con un solo peso d’asta.

in tutte queste fasi particolare attenzione è stata data all’hinting, che ha permesso di ottenere una leggibilità ottimale su tutti i dispositivi, anche nei corpi più piccoli.

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> guarda il progetto del carattere istituzionale

il risultato della programmazione true type di fabrizio schiavi

widiba decide di rivedere il suo posizionamento, si tratta di un’evoluzione sia in termini di servizio che di target. nel 2015 ci incaricano di sviluppare il progetto del nuovo format grafico.

si tratta di un sistema visivo in grado di rappresentare l’identità dell’azienda e di supportarla in modo coordinato nello sviluppo di tutti gli strumenti di comunicazione, riuscendo così ad aumentare la visibilità e la riconoscibilità del brand.

da sempre intendiamo l’identità di un azienda o di un prodotto come quella di un essere umano, con i suoi valori e il suo modo di comunicare, distintivo per ognuno di noi. attraverso una rappresentazione antropomorfa del brand mettiamo la banca in grado di prendere consapevolezza del cambiamento tra chi erano e chi vogliono diventare.

è un processo di analisi che ci aiuta a far emergere l’essenza di widiba, la sua personalità e a definirne lo stile e il tono di voce.

la definizione di queste caratteristiche consente alla banca di creare un legame autentico con il suo pubblico e noi di progettare un formato grafico più distintivo

progettiamo un sistema composto da diversi elementi: marchio, tipografia istituzionale, sistema di icone, art direction, palette di colori e gabbie.

tre moduli grafici dialogano tra loro muovendosi nello spazio e creando composizioni sempre diverse ma sempre riconoscibili, adattandosi facilmente ai diversi formati e media. è una simulazione delle caratteristiche responsive legate profondamente a questa idea di banca, che opera attraverso una piattaforma online completa e personalizzabile

tutto viene codificato all’interno di un’ampia brand guideline.

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> guarda il progetto dell’identità visiva

nel 2016 la banca sposta il suo quartier generale in una nuova sede e ci incarica di sviluppare il relativo sistema di wayfinding.

lavorare come a casa vuol dire lavorare in modo confortevole, informale, comodo e rilassato. questo è lo spirito che la banca introduce nei suoi spazi attraverso l’intero progetto architettonico di zanon architetti associati.

il nostro intervento parte quindi dalla domanda: come è la segnaletica in una casa?
la segnaletica di una casa non è progettata, si sviluppa in modo informale, a volte casuale. spesso le informazioni sono scritte a mano, e la calligrafia diventa il mezzo per creare un legame tra chi ha scritto l’informazione e chi la legge.

il nostro progetto si basa su questa risposta per affrontare sia il tema informativo sia quello più decorativo dello spazio.

effettuiamo un’analisi degli uffici e dei flussi, per definire la complessità ambientale, gli snodi principali e la conseguente necessità di segnaletica, in termini di quantità e di tipologia.

applichiamo al progetto i principi di wayfinding legati alla creazione di landmark per fornire spunti di orientamento, creiamo percorsi strutturati e usiamo le mappe dei piani per dare visioni d’insieme.

il concept iniziale ci porta a progettare una serie di pannelli appoggiati casualmente al muro, in corrispondenza degli snodi principali, che diventano il nucleo del sistema e riportano le informazioni necessarie per muoversi negli uffici.

illustrazioni di simona bonafini

dieci calligrafi, italiani e internazionali, vengono invitati a scrivere il nome dei piani e delle sale riunioni, creando con le loro diverse calligrafie dei landmark nello spazio, ognuno con una distinta personalità.

alcuni pannelli con mappe sintetiche e una serie di icone completano il sistema di wayfinding.

il calligrafo olandese daan wille di team blazin al lavoro

anche il naming dei piani e delle sale riunioni corrisponde allo spirito informale e no ordinary della banca. I piani vengono denominati con brevi frasi, che alludono a ciò che viene svolto dalla divisioni che lo occupano, mentre i nomi propri più diffusi tra il personale di widiba diventano i nomi delle sale riunioni.

e così i reparti marketing e innovazione digitale sono al piano: creating experiences, il piano dell’amministratore delegato diventa: why not!, mentre le sale riunioni principali e l’auditorium sono al piano: let’s meet up.
e per incontrarsi in una sala riunioni si può dire: “incontriamoci da marco” oppure “ci vediamo da anna”.

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> guarda il progetto del sistema di wayfinding

questo è tra i progetti di branding più completi che abbiamo realizzato, ci ha permesso di applicare il nostro metodo e la nostra passione nel definire tutti gli elementi dell’identità visiva, da quelli “micro” relativi la tipografia a quelli “macro” per il wayfinding.

nel 2018 continuiamo a affiancarle l’azienda nello sviluppo del loro brand con il progetto per l’identità di widiba prime la divisione private della banca.
partiamo da una tavola semiotica che definisce il mercato del lusso e identifichiamo il quadrante dell’autogratificazione, definito dai due assi dell’essere e del valore, come il posizionamento più corretto in relazione ai servizi offerti.

benessere e passione, sono i termini che meglio mettono il focus sull’aspetto qualitativo dei beni e delle esperienze vissute dal cliente, sempre in relazione a se stesso e alla soddisfazione che ne ricava. con queste parole identifichiamo i valori principali di widiba prime.

alla base del sistema d’identità visiva di questo servizio c’è una sottile cornice che parte dal logotipo per selezionare e mostrare il meglio per il cliente: una rappresentazione concettuale del servizio private di wealth management che mira alla qualità della vita nella sua interezza, di cui l’aspetto finanziario è una delle componenti.
il logotipo ricavato dal font istituzionale è abbinato a una palette di colori grigi scuri con dettagli bronzei e luminosi, capaci di evocare stile ed eleganza.
l’art direction fotografica sofisticata, dove ampi spazi architettonici si alternano a dettagli di materiali naturali o di oggetti di design, completa il mood del progetto per quest’offerta di alta gamma.

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> guarda il progetto di widiba prime

la banca continua a crescere e nel 2020, grazie alla capacità di cambiare rapidamente, aggiunge un altro capitolo alla sua storia.

con una presenza sempre più trasversale sul mercato e capillare sul territorio, widiba sente la necessità di rivedere il proprio posizionamento, soprattutto alla luce delle esigenze mutate del contesto di riferimento.  si tratta di una trasformazione che ha reso necessario definire un nuovo posizionamento percettivo sul mercato, in grado di rispecchiare la sua evoluzione.

il nostro approccio è sempre basato su un’ampia ricerca iniziale che in questo caso è stata supportata da un’analisi sulla brand identity di widiba effettuata da tsw – the sixth w.

abbiamo quindi creato una nuova personificazione del brand e insieme alla banca definito la personalità come innovativa, autorevole e smart e il conseguente tono di voce come brillante, sicuro e semplice, concordando su come la brand signature doveva comunicare meglio il nuovo volto di banca widiba, senza perdere il dna di modernità e innovazione che gli appartiene da sempre.

il cambiamento più rilevante riguarda la parola banca che ora appare ufficialmente nel logotipo, il resto del progetto si è sviluppato rispettando il linguaggio visivo che avevamo creato in questi anni insieme a loro.
i punti principali del rebranding sono il passaggio dall’utilizzo del minuscolo al maiuscolo e il dialogo visivo tra il bold e il medium nel logotipo.

il marchio è stato reso più sottile e i colori istituzionali meno saturi, passando così da un impatto pop ad uno più sofisticato e autorevole, in linea con la crescita del brand.

la tagcloud che ci ha guidato per lo sviluppo del nuovo format grafico ha trovato i suoi cardini in tre aggettivi: dinamico, organizzato e contemporaneo, su queste basi semantiche abbiamo costruito un sistema visivo formato da una serie di superfici rettangolari che si muovono in maniera responsive per adattarsi facilmente ai diversi strumenti e media.

particolare attenzione è stata data anche all’art direction per il supporto iconografico di tutta la comunicazione.

 

il nostro lavoro, che comprende anche il restyling esterno degli uffici dei consulenti finanziari presenti sul territorio, si è concluso con la realizzazione del brand manual e del video per il lancio della nuova identità.

durante questi anni di consulenza per banca widiba abbiamo avuto la possibilità di incontrare persone piene di energia, con le quali condividere visioni innovative e che spesso ci hanno ispirato.
ci sentiamo realmente partner di questo gruppo che continuiamo a affiancare nello sviluppo del loro brand.

services

art direction
branding
consultancy
editorial
environmental
graphic design
installation
naming
type design
visual identity
wayfinding

credits

type design with
fabrizio schiavi

calligraphers

luca barcellona (italy)
team blazin (holland)
barbara calzolari (italy)
francesco guerrera (italy)
mr kams (spain)
deep masito (italy)
piger (italy)
andrea rafiki (italy)
mr zé (spain)
alessandro zonta (italy)

il digital design days è l’evento internazionale dedicato al design digitale, creato da filippo spiezia nel 2016.

la volontà dei fondatori è quella di posizionarsi quale punto di riferimento internazionale, ribadendo la loro capacità di selezionare, raccontare e premiare i progettisti più visionari e creativi del design digitale.

quando nel 2019 siamo stati coinvolti per sviluppare il nuovo marchio abbiamo risposto con una visione più ampia, sottolineando come l’evento fosse già un vero brand, capace di garantire con la sua autorevolezza l’elevata qualità di tutto quello che proponeva.

fin dalla sua prima edizione il festival è stato in grado di creare un network tra tutti i partecipanti capace di svilupparsi oltre l’evento stesso: professionisti, imprenditori e aziende dopo aver partecipato e condiviso le loro visioni per il futuro hanno iniziato a collaborare per attuarle.

per poter creare un segno e un’identità visiva che fossero realmente distintivi abbiamo analizzato e definito la parte più profonda di DDD.

un brand deve poter vivere ed evolversi, deve funzionare in situazioni diverse tra loro. deve sapersi adattare come un essere umano, pur rimanendo fedele a se stesso. così quella che si crea tra il brand e il suo pubblico è una connessione, una relazione basata sulla fiducia e sulla condivisione di valori.

quindi, seguendo il nostro metodo, la prima domanda a cui rispondere è stata: chi è digital design days?

il nostro è un processo condiviso con il cliente attraverso interviste, test, moodboard, facciamo emergere i valori del brand, la sua personalità, ne definiamo lo stile e il tono di voce.

tra archetipi e neuroscienze, mettiamo il cliente in grado di prendere consapevolezza di chi è e di chi vuole diventare.

solo dopo aver sviluppato l’interiorità del brand iniziamo a progettare ciò che la rende manifesta, la sua esteriorità, la sua forma.

il nuovo marchio è la sintesi di un lungo lavoro di ricerca visiva e concettuale.

è stato scelto di progettare un segno nuovo, ma anche capace di evocare quello delle precedenti edizioni attraverso l’inserimento in una forma quadrata.

la sintesi dello spirito, dei valori e delle attività dei digital design days ha indirizzato le nostre esplorazioni formali rivolte alla ricerca della distintività necessaria a rappresentarlo.

la D scelta è luce, è energia, è movimento, tanti singoli elementi si uniscono per definirla, pixel che superano il loro aspetto bidimensionale, quadrati che ruotano ridisponendosi nello spazio attorno ad un punto centrale.

è un segno in grado di comunicare la forza della visione innovativa di DDD e la sua capacità di creare network, di attrarre, proporre e riunire persone e idee diverse.

abbiamo progettato un segno responsive, capace di adattarsi alla dimensione in cui è riprodotto variando la frequenza degli elementi che lo compongono, raggiungendo un utilizzo più armonico e efficace nelle diverse applicazioni.

una visione contemporanea e innovativa della brand signature, immaginata come un elemento vivo e vitale.

per lo sviluppo dell’identità visiva è stata creata una palette principale composta da nove colori, che contribuiscono a definire le edizioni nei vari paesi del mondo.

sono stati selezionati toni nativi rgb, luminosi e ricchi di contrasto, che all’interno del sistema sfumano tra loro attraverso il morphing di forme geometriche semplici, creando così un impatto dinamico e sofisticato che ben si presta alla comunicazione dell’evento.

 

la fase di analisi di questo progetto è stata particolarmente curata e siamo riusciti a definire, insieme a filippo spiezia e al suo team, le caratteristiche più profonde di questo evento. partendo da ciò che era e immaginando ciò che sarebbe diventato siamo riusciti a sviluppare un segno in grado di rappresentarlo e renderlo riconoscibile a livello internazionale.

il progetto ha avuto una conclusione speciale: nell’ottobre del 2019, durante l’edizione del festival in cui è stato presentato il nuovo marchio, abbiamo tenuto un breve talk per condividere con il pubblico l’intero processo che ci ha portato a realizzare il rebranding.

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> guarda il progetto completo del rebranding

services

art direction
branding
consultancy
concept development
graphic design
strategy
visual identity

 

credits

logo animation
nerdo

logo sound
combustion studio

nel 2002 veniamo incaricati dal comune di milano di sviluppare l’identità visiva per la mostra americas remixed.

ideata da roberto pinto con euridice arratia, jen budney e franklin sirmans, la mostra comprende opere di 22 giovani artisti provenienti dal nord america.

si tratta di artisti di diverse estrazioni culturali, di maggioranze e minoranze etniche e religiose, che attraverso le loro opere riflettono sulla condizione della società nordamericana, cercando di individuarne l’identità artistica e culturale. sono giovani che si interrogano sulla ridefinizione dell’io in rapporto con l’altro.

le opere selezionate dai curatori formano un ritratto articolato e complesso, emotivo e passionale, ma anche ironico, provocatorio e dissacrante.

come possiamo rappresentare questo smarrimento, questa ricerca di senso? come possiamo sintetizzare il lavoro di questi artisti diversi in un unica identità visiva? queste sono le domande che ci siamo posti, che lasciano ampio spazio alla creatività ma che ne determinano anche vincoli precisi.

decidiamo di non voler scegliere una sola opera per rappresentare l’esposizione, a discapito del lavoro degli altri artisti coinvolti.

orientiamo così la nostra ricerca verso un’elaborazione tipografica del titolo della mostra, lavorando sulla leggibilità e sulle dinamiche della percezione visiva ad esse collegate.

con lo spirito più leggero e ironico di alcune opere in mostra scegliamo come carattere principale per l’identità il pointedly mad, derivato dai tipici caratteri western disegnati e incisi nel legno a metà dell’800, che rimandano subito al nord america e alla sua storia.

rob roy kelly, american wood type 1828-1900, van nostrand reinhold company, 1969

un tema trasversale tra diversi artisti in mostra, riguarda la tendenza della cultura americana a uniformare le identità culturali dei singoli individui, incasellandole e trasformandole in stereotipi, o rendendole “illeggibili” e attenuandone le differenze.

applichiamo questa visione direttamente alle lettere del titolo, che vengono riorganizzate in ordine alfabetico, perdendo di senso e comunicando così agli occhi del lettore uno straniamento simile a quello dichiarato dagli artisti.

al carattere scelto applichiamo un estrusione tridimensionale in wireframe, che per contrasto con il suo disegno retrò lo colloca più vicino alle tematiche sperimentali dell’arte contemporanea.

come colore principale per l’identità scegliamo una tonalità del magenta in grado di trasmettere energia che abbiniamo a un argento metallizzato, creando così un impatto cromatico pop ma anche sofisticato.

il progetto è completato da una stilizzazione dalla mappa dell’nord america contrapposta a quella dei tre luoghi di milano in cui è allestita la mostra: la fabbrica del vapore, gli spazi di care of e openspace.

il cliente però rifiuta questa nostra proposta, giudicandola troppo sperimentale e ci chiede nuove soluzioni.

ritorniamo in studio e ci rimettiamo al lavoro. abbandoniamo la tipografia e proviamo a rappresentare attraverso forme e colori la ricerca di questi artisti, lavoriamo sul concetto di trasformazione e su quello di radici, ma le nuove proposte non ci sembrano abbastanza efficaci.

rivediamo quindi anche la prima ipotesi, questa volta inserendo il titolo leggibile e trovando il giusto equilibrio tra la nostra idea e le esigenze del cliente, è un compromesso che non indebolisce il progetto ma anzi lo rende meno ermetico.

ora la proposta viene approvata.

alle lettere del titolo applichiamo un estrusione opposta a quelle delle lettere poste in ordine alfabetico, per sottolineare il cambio di punto di vista, tra il prima e il dopo, tra ciò che ha senso e ciò che non lo ha più, tra chi ero e chi sono diventato.

il font disegnato e la modalità di scrittura sono stati utilizzati anche per riportare il nome di tutti gli artisti all’interno del catalogo. questo ha aumentato l’impatto del progetto, innanzitutto riaffermando il senso di quello che volevamo comunicare e rendendolo semanticamente più corretto, poi ha permesso un maggiore coordinamento tra gli elementi visivi risultando così sintatticamente più coerente.

ancora oggi guardiamo a questo progetto con estremo soddisfazione sia per l’approccio concettuale che ci ha guidato sia per le scelte estetiche decise che abbiamo realizzato.

ma anche per tutto il processo che lo ha determinato, le critiche e i suggerimenti del cliente e dei curatori hanno contributo realmente a farci realizzare un progetto migliore di quello che avevamo in mente, ci hanno insegnato a saperci rimettere in discussione per ricercare l’equilibrio tra ciò che è bello e ciò che è giusto.

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> guarda il progetto completo

bruno munari, artista e designer, Laterza, 1971

services

editorial
environmental
event design
graphic design
type design
visual identity

 

credits

curatori
roberto pinto
euridice arratia
jen budney
franklin sirmans